Il punk nasce negli anni Settanta con l’intento, da parte dei
suoi precursori, di creare uno stile che rifiutasse i canoni della moda stessa
e delle regole. Da allora il movimento punk ha influenzato numerose forme
d’arte ed aspetti culturali in genere, dalla musica alla letteratura, dalle
arti visive alla moda. Ed è proprio su questo collegamento che si fonda la
mostra, presso il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York,
che avrà luogo a partire dal nove maggio 2013. Lo stesso curatore dell’evento,
Andrew Bolton, ha affermato che il punk abbia rotto tutte le regole sin dal
primissimo giorno in cui ha fatto il suo ingresso nel mondo della cultura e che
dal quel momento tutto sia diventato possibile, anche nel fashion system. La
mostra si chiama “Punk: Chaos to Couture”, inserite a mo' di ossimoro le due “C”
iniziali di “Chaos” e “Couture” uniscono due elementi tra loro inconciliabili: l’idea del caos, del disordine e
del conseguente rifiuto delle regole proprio dello stile punk e l’alta moda, il
lusso. Cosa ha attinto la moda da questo movimento? E’ proprio questo l’intento
della mostra, offrirci la chiave per comprendere questo legame. Innanzitutto
c’è da precisare che inizialmente l’abbigliamento è costituito da vestiti
strappati, pantaloni laceri, Dr.Martens, catene al collo, piercing e tatuaggi.
Ma il modo di vestire della subcultura punk diventa una vera propria moda da
quando nel 1971, al 430 di Kings Road, Malcom McLaren e Patrick Casey aprono un
negozio destinato a fare storia: si chiama “Let it Rock” e si trova a Chelsea,
una delle strade più lussuose di Londra. Nasce come negozio di dischi
“Rock&Roll” degli anni ’50. E’ qui che Vivienne Westwood, compagna di
McLaren, comincia a creare e comporre vestiti. Pelle, cerniere e fibbie diventano
i tratti distintivi ed il successo è immediato. Nel negozio nasce il gruppo
punk rock dei Sex Pistols di cui McLaren è il manager. La boutique diventa
famosa per la vendita di indumenti in stile fetish e bondage, seguono poi le
classiche t-shirt con stampe e scritte provocatorie politicamente schierate. Ma
torniamo alla mostra, sono circa un centinaio i progetti presentati e
realizzati da stilisti internazionali, da Karl Lagerfeld a Vivienne Westwood,
passando per Helmut Lang, Martin Margiela, Franco Moschino, Viktor&Rolf
ecc. sono ben cinque le sezioni della mostra: c’è il percorso tematico dedicato
al credo punk del DIY (Do It Yourself) Hardware, Bricolage,
Graffiti&Agitprop, Destroy ed infine Clothes For Heroes. La mostra crea
analogie tra la ribellione gridata da Sid Vicious e le collezioni punk chic
della designer Zandra Rhodes, tra gli outfits androgini di Patti Smith alla
celebre “petite veste noir” di Coco Chanel, tra il sentimento di ribellione
verso la corona inglese cantato dai Clash e gli outfits anti-regina proposti da
Rei Kawakubo. Presenti anche il celebre abito Versace indossato da Elizabeth
Hurley alla prima di “Quattro matrimoni e un funerale” ed il corsetto metallico
con chiffon trasparente di D&G. I brani che accompagnano questo evento non
possono che non essere rigorosamente punk, si ascolteranno pezzi dei Ramones,
Blondie, Sex Pistols e molti altri mixati da Nick Knight. L’ultimo manichino di
Martin Margiela (sposandosi perfettamente con la cultura punk) offre il dito
medio per indirizzare i visitatori verso l’area gadgets dedicati alla mostra.
Vivienne Westwood agli inizi della sua carriera. |
La locandina della mostra. |
Foto by Vogue.
Concludendo,
come al solito, per restare in tema con quello che è il filo conduttore dei
miei interventi, ho scelto ben tre canzoni per accompagnare l’argomento trattato,
ed ovviamente non potevo esimermi dal proporre tre brani assolutamente punk. Il
primo brano è dei Sex Pistols, “Anarchy in the UK”, primo singolo della famosa
band punk britannica pubblicato nel 1976.
Il secondo brano è dei Ramones, “I
wanna be your boyfriend”, singolo anch’esso pubblicato nel 1976 che si
caratterizzava non solo per essere una canzone d’amore ma anche perché fu il
primo brano pop punk della band.
Infine, l’ultimo brano scelto è dei Clash, “London’s
Burning” presente nell’album di debutto dei Clash del 1977. Il testo qui si focalizza
sul problema del traffico inglese, per colpa del quale gli automobilisti sono
costretti a restare nel traffico fino a tarda sera. (A.)
PS: la fonte d'ispirazione per il post è venuta da questo articolo che potete trovare sul sito di Grazia. |
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