Oggi ho intenzione di parlarvi di uno stilista che ho
conosciuto casualmente, guardando la televisione. Mi sono lasciata incuriosire
da una presentazione caratterizzata dalla forte presenza del colore bianco. Asettico.
Pulito. La sua maison è completamente caratterizzata da questo colore, ogni
elemento dell’arredamento è bianco. Persino le penne che usa normalmente sono
bianche, con bianche piume alle estremità, le matriosche sono bianche, le
pareti, le scale, il mobilio. Tutto. Uno stilita che non si mostra in pubblico,
così come anche i suoi collaboratori nonché dipendenti. La sua scelta è stata
poi definita “culto dell’invisibilità”, come filosofia di vita, valida appunto
sia per lui che per il suo staff. L’intento è quello di lasciare un alone di
mistero, ma soprattutto di garantire piena centralità al prodotto che si offre.
Anche le sue sfilate sono particolari: le modelle attraversano le passerelle
con maschere scintillanti in viso, che le coprono privandole della loro
identità. L’arte di vestire è quasi assimilata ad un rito sacro. Unica “identità”
che va mostrata è l’abito, è l’abito che deve fare da protagonista. Altra caratteristica
fondamentale, che rende questo stilista unico, è l’assenza di un brand vero e
proprio. Non c’è alcun marchio che lo caratterizzi. Gli abiti si riconoscono
dal modo in cui sono appuntate a mano le etichette bianche all’interno, ai
quattro lati (visibili anche dall’esterno) e dalla presenza di una serie di
numeri. Una firma anonima, che sembra anonima come il suo designer. Margiela sceglie
di andare controcorrente, infrangendo le classiche convenzioni che danno primato
al logo riconoscibile perché modello e stile di vita. La maison non si occupa
solo di abbigliamento, ci sono anche accessori, dalle calzature alle borse fino
ad arrivare ai gioielli. Lo stilista, che in passato ha vantato anche una
collaborazione con Jean Paul Gaultier, ha partecipato anche a diverse mostre. Le
location scelte per le sue sfilate, invece, variano: può trattarsi del Caffè de
Guerre a Parigi vicino ad un vecchio teatro, (dove i modelli si muovevano su
vecchie panche di legno), o può trattarsi del corridoio di un grande magazzino,
di un parcheggio, di una stazione metropolitana o di un deposito. Per quanto
riguarda in particolare il suo stile, egli può definirsi un “decostruzionista”
, ossia decompone gli abiti, li sminuzza, li taglia ed infine li ricompone. Egli
affermò durante un’intervista: “Io riporto gli abiti alla vita sotto una forma diversa”.
I suoi abiti sono formati da tessuti cuciti assieme, che danno l’idea del
riciclato, le maglie fatte con rivestimenti in seta. Le rifiniture sono
fondamentali: ad esempio l’orlo è cucito a mano attorno al giromanica. I materiali
usati possono essere anche materiali insoliti: porcellane, carte da gioco,
nastri adesivi. Insomma, tutto se rivisto può acquisire una seconda vita ed una
seconda funzione: in tal caso la funzione di servire da indumento.
Maison Martin Margiela.
Martin Margiela dal 2012 èin vendita presso i negozi H&M.
Sfilata Martin Margiela.
Per concludere, la canzone scelta per accompagnare questo post è "Lights" degli Interpol. (A.)
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