Apre la casa di Barbie a Berlino e le femministe scendono in
piazza contro “l’inferno rosa”. Posso dirlo? Mi vergogno un tantino d’esser
donna, felice di non essere femminista. Sul social network Facebook è
addirittura nato un gruppo: Occupy Dream House per un’educazione femminile
senza sessismo. Focalizziamoci prima sulla casa! La casa della bambola più
famosa del pianeta ha sede nella capitale tedesca, a due passi da Alexander
Platz: 2500 metri quadrati in tutte le tonalità di rosa possibili. Per soli 15
euro (49 euro il biglietto famiglia) è possibile toccare dal vivo tutto ciò che
generazioni di bambine hanno toccato in scala ridotta: letto a baldacchino, il
famoso ascensore, la cucina, l’enorme armadio accessoriato e molto di più! La visita
prevede anche la possibilità di trasformarsi in un’esperienza interattiva
grazie ad un braccialetto (che viene consegnato all’ingresso) da utilizzare
per i giochi multimediali con la padrona di casa. Appena ho letto la notizia, di
colpo s’è risvegliato in me l’animo fanciullesco, evidentemente mai sopito, (ah
Pascoli quanto hai ragione!) ed ho
subito pensato “Come vorrei andarci!”. Cosa c’è di più bello per chi è
cresciuto con questa bambola, fedele compagna d’avventura per generazioni
intere, della possibilità di poter accedere finalmente alla sua casa? Di potersi
sentire quasi una “Barbie” per la durata della visita, trovandocisi finalmente
in un luogo in “scala umana”? Le femministe non sono d’accordo con questa
visione e non hanno perso tempo nell’indicare la casa di Barbie come un luogo
infernale, un luogo che schiavizza quasi la figura della donna e non la eleva,
al contrario, come andrebbe fatto educando le future generazioni servendosi di
nuovi giochi e nuove figure femminili. Tra le varie proposte è stata citata “Pippi
Calzelunghe”, ma scusatemi tanto se mi permetto … Pippi non era quella bambina
abbandonata e cresciuta in un orfanatrofio? E beh … allora una visione deviata
(al pari di chi demonizza la Barbie) potrebbe anche recepire un messaggio errato
da un personaggio del genere. Lo stesso dicasi per il cartone animato “Lady
Oscar” e la sigla cantata da Cristina D’avena (“tuo padre voleva un maschietto,
ma ahimè sei nata tu!”), vogliamo demonizzare anche le principesse Disney? E giacchè
ci troviamo gettiamo nel calderone anche l’intero mondo Disney? Ma si! Dichiariamo
guerra anche a Disneyland Paris! Io sono cresciuta con la bambola Barbie, ho
avuto la fortuna di avere la casa, lo chalet, il camper, il cavallo di Barbie,
forse più di cinquanta esemplari diversi della bambola Mattel e non sono
cresciuta con problemi (almeno credo!). Sono cresciuta con i cartoni animati
giapponesi e la mia mente non è deviata! Non sono femminista, non sono
sessista, non ritengo che l’uomo sia superiore alla donna, sono per le famose “pari
opportunità” (e ritengo che molte persone facciano riferimento a queste due
parole più per “moda” che perché davvero sappiano il significato che esse
racchiudono) e non sono nemmeno violenta. Ho amato e continuo ad amare tutto
ciò che appartiene all’universo “infantile” e ritengo che la Barbie sia un’ottima
compagna di giochi per le bambine. Forse la mia sarà stata una delle ultime generazioni
cresciuta fortemente con l’amore per questa bambola, da anni sono nati altri
esemplari, una su tutte la “Bratz”, bambola (al contrario!) decisamente volgare
e secondo me per niente educativa. Della Barbie sono nate versioni disparate,
le sono stati dedicati tutti i mestieri del mondo (e questo non significa “pari
opportunità”? Maneggiare ad esempio Barbie dottoressa o Barbie poliziotta, non
significa far crescere le future donne con la consapevolezza di poter svolgere lo
stesso mestiere della loro bambola? Mestiere che non è “specifico” dell’uomo?).
Aver declinato la Barbie anche nelle versioni speciali dedicate alle varie
culture non significa insegnare l’amore per il cosmopolitismo? Non significa
rispetto verso le altre culture? La Barbie nera non è insegnamento contro l’odio
razziale? Insomma, come si può definire la Barbie un oggetto che veicolerebbe “un
modello sociale basato sui ruoli della cultura nazista”? Non è nazista la
scelta di privare le bambine della possibilità d’esser bambine finchè la loro
età glielo concede? Altro elemento criticato è la bellezza della Barbie, che
può educare ad una visione distorta, Barbie può tutto perché è bella! Una
visione del genere, sicuramente distorta, non è il messaggio veicolato dalla
bambola, se ciò accade nella nostra società non è colpa di una bambola, è colpa
della società stessa che si focalizza là dove non c’è il problema e lo crea, non
occupandosi delle distorsioni reali. Ormai è sempre più tipico l’atteggiamento
di criticare tutto cercando semplicemente dei “capri espiatori”. In
particolare, ciò che mi ha sdegnato profondamente è il circolare di foto dove si vede benissimo una partecipante al
movimento contro la Barbie, che dà fuoco ad una Barbie crocifissa. Il messaggio
è corretto? Non c’è violenza? La crocifissione non è violenza? Col rogo siamo
tornati ai tempi delle “streghe”? A me sembra più d’esser tornati ai tempi dell’Inquisizione.
Questa sarebbe una lotta per la liberazione sessuale e di genere? Cosa
penserebbe una bambina di fronte ad un’immagine del genere? Cosa smuoverebbe un
gesto del genere? Smettiamola di fare i falsi moralisti ed i falsi educatori, piuttosto
lasciamo l’infanzia ai bambini. A mio parere li abbiamo derubati anche di
quella!Mi sono permessa di scrivere in rosa perchè è il colore per eccellenza della Barbie!
Una curiosità, concludendo, nel 1987 (il mio anno di nascita) ha fatto il suo ingresso sulla scena "Barbie Rockstar" (poi declinata in versioni anche più recenti)con tanto di cassetta con compilation rock.
La canzone prescelta per accompagnare questo post è dei Guns'N'Roses,"Welcome to the Jungle", perchè la scelta è ricaduta su questo brano? Innanzitutto perchè anche questa canzone, come la Barbie rockstar, è uscita nel 1987 (dall'album "Appetite for Destruction")e poi anche perchè se vi focalizzate sul testo e magari guardate anche il video, potreste rendervi conto di quali siano alcuni dei veri mali della nostra società. Axl Rose, cantante del gruppo nonchè autore del testo, è uno dei tanti (almeno spero!) che lo aveva già capito 26 anni fa.(A.)
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