martedì 30 aprile 2013


L'artista ed il fumetto, Milo Manara e la moda


“Il camionista non si attacca sul camion un quadro di Rauschenberg o di Jasper Johns, si attacca una bella pin-up. Devo alle mie pin-up il fatto di poter ancora divertire, di essere vicino alla gente: militari, camionisti, carcerati…” (Milo Manara)
Un grande artista secondo me non necessita di grandi presentazioni. Entra in scena da solo, senza che ci si impegni ad usare grandi paroloni o a raccontare la sua storia. La racconta da solo, con la sua presenza, con quello che fa. Ammetto di averlo conosciuto e apprezzato abbastanza tardi. Un paio di anni fa mi innamorai di una linea Sisley da lui firmata. Fu amore a prima vista. Sisley, griffe del gruppo Benetton scelse nel 2011 il fumettista Milo Manara per firmare una linea dinamica, tesa all’avventura e caratterizzata da un mood fedele ai temi erotici e sensuali. Nacque così Sisley by Milo Manara: una linea di abbigliamento per lui e per lei caratterizzati da un appeal trasgressivo. T-shirt, minidress, microgonne, shorts in denim impreziositi dai disegni dell’artista che ha offerto, per l’occasione, alcune delle più belle protagoniste dei suoi fumetti. Il canale di comunicazione prescelto per questa linea fu proprio il social network Facebook, dalla pagina Sisley si poteva vedere in anteprima la linea ed ascoltare l’intervista a Manara che offriva un’analisi del rapporto inscindibile tra moda e fumetto. Il rapporto tra il fumetto e la moda, afferma lui, è molto più stretto di quanto si possa immaginare. In effetti pensandoci, gli stessi protagonisti dei fumetti americani senza quell’abbigliamento particolare che li caratterizza non sarebbero riconoscibili. Il passaggio attraverso i secoli è connotato dall’abbigliamento:  disegnando storie moderne, ambientate nei nostri giorni si vede il passaggio della moda anche attraverso i fumetti. L’evoluzione della moda la si può guardare anche solo guardando i fumetti. Le figure diventano una sorta di archetipi in quanto si chiede la complicità del lettore per capirli, per approfondire il loro mondo ed il loro carattere, ecco che il vestiario ha una centralità importante. Tutto ciò che si può dire di una persona lo si dice “esteriormente”. Abbigliamento ed erotismo vanno a braccetto: nucleo centrale dell’erotismo è il vestiario sia nella sua presenza che nella sua assenza.
Questa è la sua lezione sul fumetto e sulla moda.



T-Shirts Sisley by Milo Manara.

Sisley by Milo Manara.



Infine, per concludere la canzone scelta per accompagnare questo post è "Sex on Fire" dei Kings of Leon.(A.)

lunedì 29 aprile 2013


Barbiere di Siviglia

 
 
Vi siete mai chiesti come si vestono per andare all´opera in Svezia? No? Non importa, io il post lo scrivo lo stesso!
 

Mi è capitato di assistere, in questi giorni, al "Barbiere di Siviglia" al Göteborgs Operan: il teatro (decisamente sgraziato all´esterno) all´interno è molto bello, con intere pareti di vetrate che danno sul fiume (sul porto, a dire il vero... ma è un porto carino, con tanto di velieri) e una hall molto spaziosa (c´è dentro persino un ristorante).
 
 
Prima dell´ingresso in sala una parte dell´orchestra intrattiene il pubblico con dei brani tratti dall´opera. Immaginate la scena: orchestrali che suonano Rossini, camerieri che girano in livrea, vista sul fiume (con velieri) e... gente in jeans e felponi di pile!
 
 
Ok, tecnicamente era uno spettacolo "pomeridiano", ma lí non sono previsti spettacoli che iniziano dopo le 18 e a tutto c´è un limite. Il problema non erano i jeans (fosse per me, li indosserei in tutte le occasioni) ma i felponi: certi erano proprio brutti.
Diciamo che c´era gente vestita in tutti modi, dalla signora elegantissima all´abbondantemente suddetta felpa. C´era una coppia (che purtroppo non ho avuto la prontezza di fotografare) fantastica: la camicia fucsia (sì, fucsia) e il papillon (esatto, papillon) verde smeraldo di lui facevano pendant con il foulard di lei (tanto bene, tra l´altro, che sospetto seriamente si fossero accordati).
 

 
 
Insomma, c´era una certa libertà di abbigliamento, che in fondo non è una cosa del tutto negativa... ma a me piace tanto l´atmosfera elegante del teatro! Sono rimasta un po´ delusa.
 
 
 
Una cosa decisamente positiva però l´ho notata: c´erano tanti bambini e ragazzi. Intere famiglie che avevano deciso di passare il sabato sera all´opera anziché al cinema (e i piccoli non sembravano certo tirati per i capelli). Certo, bisogna anche considerare che il biglietto costa meno che in Italia. E poi c´é da dire che lo spettacolo è stato davvero divertente, con interpreti simpaticissimi.
 
(S.)

domenica 28 aprile 2013


Jean Paul Gaultier


Nominando questo stilista e accostandolo alla parola “profumo” non possono non venire in mente i suoi classici flaconi a forma di busto d’uomo o di donna, a seconda del pubblico cui sia indirizzato il prodotto.

I profumi Classique e Le Male nella versione "classica"

Come detto qualche post fa, la soluzione fu adottata già nell’ormai lontano 1936 e ripresa vent'anni fa da Jean Paul Gaultier  per il suo profumo Classique. Da allora
si è divertito a giocare, ridecorare, denudare, rivestire, tatuare, accessoriare quei busti, rendendoli non più semplici bottiglie di vetro o semplici profumi, ma oggetti da collezionare, spesso in edizione limitata o numerata.




Dal prossimo 2 maggio il profumo è riprodotto in edizione limitata con una confezione dedicata ad Amy Winehouse, cui già aveva dedicato la sua sfilata Haute Couture della P/E 2012, truccando e pettinando le modelle come la cantante. Avrà il nome di Belle en Corset e sarà in vendita esclusivamente online sul sito delle profumerie Douglas.


In particolare, il disegno della bottiglia si ispira all’ultimo abito che ha sfilato in quell’occasione, un futuristico abito-bustier da sposa, realizzato con un motivo di curve tridimensionali che danno volume all’abito, esaltando al tempo stesso le linee femminili della vita, dei fianchi fin giù alle ginocchia, dove termina anche il retro con dei nastri che lo allacciano fin dalla schiena. 



(M.)

sabato 27 aprile 2013


F4YG#

Sì, avete letto bene. No, non mi si è inceppata la tastiera.
F4YG è l’acronimo di “Fashion for Young Generation”, un’iniziativa della catena OVS in collaborazione con il Central Saint Martins College of Arts and Design di Londra che strizza l’occhio, appunto, alle nuove generazioni, che siano clienti e stilisti.
Ogni stagione, a partire da questa, prevede la scelta di uno dei migliori studenti delle accademie di moda che realizzi, in collaborazione con un tutor, una collezione tutta sua da vendere in alcuni punti vendita del gruppo e online sul sito OVS.it.



Per la P/E 2013 il turno spetta a Tracy Wong, classe 1986, olandese cresciuta in Inghilterra, neodiplomata, che con la guida di Matthew Williamson, ha avuto modo di avere un primo impatto con la realtà lavorativa della moda, di come dover a volte subordinare le proprie scelte e la propria creatività al budget e ai dettami della distribuzione e della vendita.

La collezione, come detto dalla stessa stilista, è pensata in modo che “riflettesse un’estetica al tempo stesso giovane, giocosa e contemporanea nei dettagli e nell’uso delle stampe”, realizzata per lo più in fibre naturali, composta da 17 pezzi ed in vendita dal 20 aprile.




L’ispirazione è giunta pensando “a immagini che ricordano la giocosità femminile, e a iconografie minimaliste come quelle dello scultore Christopher Wilmarth. In generale, in questa collezione ho voluto mettere l'accento sulla silhouette femminile e sulle proporzioni, per dare anche una buona vestibilità” ha dichiarato Tracy Wong alla rivista Elle.


Camicia smanicata in popeline di cotone (€29,99)_Gonna in pizzo macramé (€49,99)


Abito in pizzo macramé con inserti in paillettes (€99,00)


T-shirt in viscosa con stampa floreale e geometrica (€29,99)_Shorts in ramié con stampa geometrica (€49,99)




Per l’A/I si sa già che la collaborazione sarà tutta italiana… stay tuned!






(M.)



venerdì 26 aprile 2013


Collant&Collant

Battisti cantava, ne "La canzone del sole", le calzette rosse...E da questo spunto mi si è aperto un mondo di pensieri! La calza in primavera! Allora, non fa caldo caldo caldo…ma nemmeno freddo freddo freddo. Come regolarsi? Ovviamente le calze pesanti sono out. A meno che in vista dell’estate non si voglia tentare una sauna un tantino anomala è meglio riporle nei cassetti. Io di collant non me ne intendo molto…insomma tutta quella questione venti denari, trenta denari…a me su per giù sembrano tutte uguali. Le suddivido solo in due classi: quelle pesanti/invernali (a volte anche coprenti) e quelle tendenzialmente trasparenti tecnicamente dette “velate”(che messe una volta trovano il loro habitat naturale nel cestino dell’indifferenziata). Poi ci sono quelle a rete che fanno gruppo a parte. Quest’inverno ho comprato un paio di calze di pizzo, tutte ricamate, nere col righino dietro, ma ho avuto occasione di indossarle solo una mezza volta per una rapida uscita. Durante l’inverno preferisco questo genere di collant, o anche quelli fatti con le fantasie a righe verticali, insomma non monotone ed uniformi! Ma nel periodo autunno/inverno adoro anche le parigine! Sebbene per uscire eviti comunque di indossarle..diciamo che devo ancora capire come e dove indossarle senza sembrare ridicola. Trovo comode sotto i jeans anche quelle semplici autoreggenti. Ma torniamo alla primavera! Probabilmente in questo periodo vanno le calze a rete e quelle velate. Convenite? Ultima moda sono, poi,  le calze direttamente rotte indossate con nonchalance sebbene a primo acchito chiunque si possa imbattere in una visione del genere possa pensare: “C’è stato un incontro con un randagio?” . E’ la moda! Che vogliamo farci! Un tempo (per quanto riguarda me ancora adesso!) se una calza si sfilava bisognava correre ai ripari. Si cercava di fermare lo sfilarsi con lo smalto trasparente laddove era possibile, o si gettava direttamente. Queste calze già rotte invece non si limitano allo “sfilato”, hanno anche veri e propri buchi! Quante volte allora sono uscita alla moda, pur non volendolo perché all’improvviso mi accorgevo della smagliatura sul collant! Sicuramente danno un’aria un po’ trasandata, sbarazzina e rockettara. Tuttavia, circa la possibilità di indossarle devo ancora pensarci. Uno spunto “d’artista” però giunge dalle passerelle di Alexander Wang: le sue modelle sfilano in passerella con una sfacciata aria rock. Se avete “coraggio” osatele pure, potrete sempre citare questo spunto da passerella!


Alexander Wang e le sue proposte in passerella.


 E per quanto riguarda i colori? Beh, io lascerei perdere il bianco “da infermierina” sinceramente (anche per quanto riguarda le calze a rete) e ripiegherei più sul blu, o sul nero o sul color carne.A tal proposito apro un un ultimo siparietto :solitamente le calze color carne non figurano affatto nell’immaginario maschile come un indumento sexy. Erano indossate più dalle mamme o dalle nonne, insomma sono state sempre collegate all’essere donna di famiglia tutta casa e Chiesa. Tuttavia la futura regina d’Inghilterra: Kate Middleton le adora a tal punto che le indossa quasi sempre. L’effetto “nudo” è da primavera  quindi se volete indossarle sta a voi dimostrare che si può essere belle, eleganti e seducenti anche con un paio di calze che per anni è stato destinato esclusivamente ad un target “da mezza età”. 


Kate Middleton e la calza "nude look".


Carla Bruni e la calza "nude look".




Infine, per concludere, le canzoni che avrei voluto proporvi oggi per accompagnare questo argomento sono ben due! Entrambe dei Garbage, una "Bleed like me" vi mostra una sensuale infermiera (interpretata dalla bellissima cantante del gruppo: Shirley Manson) che veste collant coprenti rigorosamente neri, e l'altra "Tell me where it hurts" dove vediamo la protagonista (sempre la nostra cantante) passare dai gambaletti, alle autoreggenti per arrivare alle calze velate. Lei sa proprio come indossarle! Per problemi di condivisione video mi è stato possibile recuperare solo il video della seconda. Per quanto riguarda la prima proposta se siete curiosi andatevela a vedere o sennò accontentatevi di questa immagine:

Shirley Manson in "Bleed like me".


(A.)


giovedì 25 aprile 2013


La vie en rose


Oggi riparliamo di colore, partendo da una donna: Elsa Schiaparelli.



Nata a Roma nel 1890, si trasferì a Parigi nel 1922, dopo aver a lungo viaggiato ed essere venuta a contatto con molti artisti dell’epoca, soprattutto dadaisti. In Francia si innamorò della moda e cominciò a collaborare con una sarta per realizzare le sue idee. I suoi abiti erano di ispirazione africana, cubista, surrealista e davano libero sfogo alla sua fantasia. E’ considerata la principale antagonista di Coco Chanel, nonché la “creatrice” delle sfilate di moda, colei che per prima concepì l’idea che la sfilata dovesse stupire e mostrare non tanto abiti da indossare, quanto l’estrosità dello stilista. Eppure con Coco c’erano diversi punti in comune: l’idea di una donna libera ed indipendente, che potesse vestire bene e comodamente, e la creazione in serie di “abiti pronti”, anziché su misura.

Giacca e vestito Elsa Schiaparelli.
Ginger Rogers con cappotto Elsa Schiaparelli.

Ad ogni modo, la sua moda era arte: impermeabili per la sera, abiti in vetro o con enormi aragoste stampate sulla gonna, come se fossero tele da dipingere, i primi bracciali in plexiglass e tanto tanto colore.

Giacca con profilo di donna.
Abito con aragosta.


Calze disegnate da Elsa Schiaparelli,
Cappello-scarpa di Elsa Schiaparelli.

A proposito di colore… sapete che il nome di questa artista è legato proprio ad una tonalità? Precisamente a quella che comunemente chiamiamo rosa shocking



Quando nel 1936 commercializzò il suo profumo “Shocking de Schiaparelli”, contenuto in una boccetta modellata come il busto dell’attrice Mae West, la confezione che lo racchiudeva era proprio di questo colore, da allora chiamato anche rosa schiaparelli.

Da allora il colore è stato più che indossato, con vestiti, accessori, gioielli, cosmetici, tinte di capelli. Del resto, usato con moderazione, è decisamente un bel colore, che specie in primavera dà molta vivacità al look.


Trench Burberry P/E 2013

Trench Iceberg.
Lo abbiamo visto sulle passerelle, sui tappeti rossi, per strada, al cinema e celebre è l'abito indossato da Marilyn Monroe in "Gli uomini preferiscono le bionde", sulle note di "Diamonds are a girl's best friends", qui nella versione degli Swing Cats: 





(M.)



mercoledì 24 aprile 2013


E' primavera....svegliatevi bambini

E’ arrivata la primavera! Scopritevi! Togliete di mezzo quei maglioncini ingombranti, le calze di lana, i piumini col cappuccio, sciarpe, cappelli e guanti! Correte sui verdi prati, stendetevi al sole, gustatevi il bel tempo. Si si, certo… in realtà per molti italiani (me compresa!) credo si possa dire: starnutite pure ogni tre minuti e respirate i pollini a pieni polmoni, beccatevi le “ultime” (?) pioggerelline e infine, giacchè vi trovate ,anche un bel raffreddore coi fiocchi! Sbaglio? Per i malpensanti ci tengo subito a precisare….non odio la primavera perché è la stagione degli amori ed io devo fare l’acidona…non odio il mese di aprile! Certo che no! E’ il mio mese, come potrei? Son nata giusto in questo mese. Me lo son “scelto” tra dodici eh, mica poca roba! Un motivo ci dovrà pur essere! E non sono le corna del segno zodiacale…preciso… Comunque, da come si sarà potuto percepire leggendo queste poche righe, da qualche settimana sono affranta da allergia persistente ed assumo una faccia a punto interrogativo ogniqualvolta mi trovo ad aprire le ante del mio armadio o i cassetti. Perché mi pongo sempre la stessa domanda: come mi vesto? Ok, per casa non ho problemi. Certo, se mi vedessero Enzo Miccio e Carla Gozzi mi lincerebbero…ma questo è un pericolo che non rischio di correre. Posso creare tutti gli abbinamenti che voglio tanto chi mi vede? Basta poi evitare gli specchi di casa, ed il gioco è fatto! Il problema sorge quando bisogna uscire… Lo ammetto: invidio quelle ragazze che di questi tempi riescono ad uscire di casa senza sembrare cipolle. Se vi dovesse capitare di beccare me in giro vi avviso: cominciate a piangere! Son peggio di una cipolla. Lo dicono i proverbi: “aprile non ti scoprire” , “una rondine non fa primavera”, “aprile dolce dormire”…(diciamo pure che “i saggi” si son divertiti proprio a creare su questo mese!). Circa il fatto delle rondini sorvoliamo, forse a stento riesco a distinguere un passerotto da un piccione! Per il resto che bisogna dire? Sabato sera sono uscita un po’ più fresca (ho osato uno scollo ed una gonna) ed ecco che mi sono svegliata la mattina dopo con una voce a metà tra un trans ed un maniaco ed un mal di gola tremendo. Gioia tripudio e gaudio! Insomma, non ho azzeccato l’outfit! Sono proprio una frana. Corri, corri, corri col soprabito e sudi, poi in preda ad esorbitanti “vampate di calore” (no, non è menopausa!) ti scopri e vieni subito punita! Ammettiamolo però, vestirsi a cipolla è proprio orrendo. Si uccide la classe! Con questo non voglio affatto dire che è meglio buscarsi un raffreddore, eh! In fondo basta indossare una t-shirt dai toni primaverili (fluo no!) e mettere su un maglioncino di cotone (magari aperto), un paio di jeans, una gonna con calze leggere…insomma, basta un po’ di fantasia e possiamo sopravvivere a questi mesi “metà e metà”. Anche i leggins vanno bene in questo periodo. Ammetto di non andare molto d’accordo coi leggins (eccetto quelli di pelle preferisco non indossarli…). Anche le magliette lunghe non tanto mi piacciono (sono bassa…che ci posso fare? Avessi avuto la coscia delle Kessler non avrei avuto scusanti!), le calze si sfilano troppo facilmente (son quelle leggere!), i maglioncini non riesco mai ad abbinarli. Altra cosa: odio i foulard non so mai metterli in modo tale che risultino “ben indossati!”. In parole povere sono una vera frana. Così passo più tempo ad osservare l’armadio che a prendere provvedimenti. Forse dovrei fare un po’ di shopping? Insomma acquistare qualcosa che porti sull’etichetta la dicitura “spring”? Alla fine mi rendo conto che gli abiti adatti a questo periodo sono sempre pochini… Mea culpa! Compro o per l’inverno o per l’estate. Ho una sfilza di canotte, top, vestitini… Nel periodo primaverile mi dedico sempre e solo alla parte “summer” delle collezioni “spring-summer”, perché mi dico “Vabbè ma poi arrival’estate! Le mezze stagioni non esistono più!” E’ qui l’errore ! Invece esistono, esistono eccome! Ed è lì che mi fregano! Da come avete potuto capire, non ho suggerimenti personali da darvi. Non metterò mie foto (da fashion blogger egocentrica!) per farvi vedere come mi vesto. Tantomeno passo la mia vita tra instagram e picsart per pubblicare le foto degli outfit. Però più navigo in Internet e più mi rendo conto di essere proprio controcorrente! Provate a inserire su Google “outfit primaverili” o qualche parola chiave del genere! Vedete quello che vedo io? Ragazze con smartphone che s’immortalano l’outfit. La nuova moda del secolo! E vabè la giornata deve pur passare in un modo o nell’altro… Comunque con questo non voglio fare l’acida o l’antipaticona, sia chiaro! E’ solo che cercavo consigli ed idee nella rete e mi ritrovo ancora più confusa. Allora mi sa che è meglio tornare al mio armadio e lasciarmi guidare dalla mia creatività! Qualcosa di buono pure ne verrà fuori! Dimenticavo, questo suggerimento almeno concedetemelo! Il giubbino di pelle in questo periodo è un MUST! Sarah Michelle Gellar, non a caso una delle mie attrici preferite, lo ha sempre indossato con una certa classe nel telefilm Buffy the Vampir Slayer ad esempio.
Sarah Michelle Gellar.


La canzone che ho scelto per accompagnare questo post è “Inertia Creeps” dei Massive Attack. Il motivo? La primavera mi porta sempre una dolce voglia di non far nulla ed il titolo della canzone mi sembra proprio calzante. (A.)




martedì 23 aprile 2013


L'eco-friendly di iPanema

Siamo ormai alla fine di Aprile, le belle giornate hanno già fatto capolino e il meteo già parla di temperature in forte aumento. La voglia di estate e di mare, non so voi, ma da me si fa ben sentire!

Collezione 2012

Collezione iPanema - by Gisele Bundchen 2012

Oggi voglio proporvi le calzature iPanema, che fin dalla prima collezione nel 1971 hanno riscosso enorme successo. A guardarle sembrano delle semplici infradito e flip-flop da usare in costume, semplicemente meglio pensate esteticamente. E invece no. Esse fanno parte di un progetto ben più alto e nobile che vede protagonista nientemeno che Gisele Bündchen. La top model brasiliana, già dal 2002 madrina, testimonial e collaboratrice del marchio per iniziative di beneficenza, dal 2012 è designer di collezioni il cui ricavato viene devoluto a diverse associazioni ambientaliste, collaborando anche con il WWF e il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite. I proventi ad oggi hanno permesso, tra l’altro, la costruzione di cisterne di acqua potabile nelle estreme periferie di San Paolo e di sistemi di purificazione delle acque in varie parti del Brasile.
Lo scorso anno, il denaro è andato all’Isa (Istituto Socio-ambientale) a finanziare l’iniziativa Fight Climate Change, per la lotta contro i cambiamenti climatici e la sensibilizzazione della necessità di seguire un’ottica uomo-natura per le scelte da prendere, il cui slogan è “Io sono dunque coesisto”.

Gisele Bundchen per la Giornata della Terra del 2012

Sul sito dell’azienda iPanema sono indicati alcuni dei principi fondamentali nella creazione dei loro prodotti, ovvero:

Sandalo: una calzatura aperta con un cinturino alla caviglia che dia maggiore stabilità.

Wedge: con tacco, in modo da essere indossate con uno stile dressier, sorseggiando un cocktail ad un bar sulla spiaggia.

Anatomica: le suole sono studiate per dare comfort e permettere di restar comode pur indossando le loro calzature tutto il giorno.

Plastica: non la semplice gomma di altre calzature, ma la brevettata Melflex, super-soft, ipoallergenica e riciclabile al 100%, rispettando l’ambiente!


La linea 2013 firmata da Gisele Bündchen si divide in tre serie:Tramonto, sandali con i caldi colori dei tardo-pomeriggi estivi e decorazioni a farfalla; Alba, composta da flip-flop decorate come nella serie precedente; Sole, anche questa di flip-flop con motivi decorativi di foglie, ispirate a Madre Natura.

Collezione iPanema - by Gisele Bundchen 2013

Se queste calzature vi hanno conquistato, sappiate che sono facilissime da reperire! Potete infatti trovarle negli store Bata o scoprire sul sito del ridistributore italiano i punti vendita più vicini voi! 


(M.)

lunedì 22 aprile 2013


A lume di candela

 

 
Le candele creano subito "atmosfera", soprattutto se profumate. Attenzione però alla salute: come ormai tante cose oggigiorno, anche le candele profumate fanno male!
Il problema sono gli aromatici contenuti. Infatti tutti gli aromatici, scaldati e bruciati, sono chi più chi meno cancerogeni. Tra le sostanze sotto accusa ci sono l’acetone, la benzaldeide, l’acetato di benzile, l’alcool benzilico, la canfora, l’etanolo, l’acetato di etile, il limonene, il linalolo, e il cloruro di metilene (tutti componenti di fragranze, sintetiche e non).
 

Inoltre ci sono i danni dovuti alla fuliggine emessa da molti di questi prodotti e che potrebbe creare problemi di respirazione. Le particelle di fuliggine possono arrivare in profondità nei polmoni e sono un problema soprattutto per chi soffre di asma e malattie polmonari o cardiache. A peggiorare le cose, c’è il fatto che tante candele profumate sono realizzate con la paraffina, un sottoprodotto della raffinazione del petrolio.
 
 
La soluzione? Se cercate l´atmosfera optate per candele né colorate né profumate, preferibilmente di cera d´api (più costosa ma leggermente meno dannosa della paraffina). Se invece volete profumare un ambiente potete usare un pot-pourri "potenziato" con qualche goccia di olio essenziale.
 
 
 
 
E se non volete farvi mancare proprio niente, perché non fare una bella composizione di candele e pot-pourri, magari su un vassoio di legno o in una ciotola di vetro? Oppure potete decorare le candele con stecche di cannella.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E come ciliegina sulla torta scegliete una bella musica rilassante... et voilà!
 
(S.)
 

domenica 21 aprile 2013


Il profumo, viaggio nell'immaginario collettivo attraverso gli spot pubblicitari.

« Gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all'orrore e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi ai profumi. Poiché il profumo è fratello del respiro. Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l'amore dall'odio. Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini. » (tratto da “Il profumo” Patrick Suskind)

Circa un po’ di tempo fa mi trovai a leggere, su Facebook, lo status di un mio contatto che in un certo qual modo criticava le campagne pubblicitarie dei profumi perché affermava di non capirle. A parer mio, è decisamente complicato reclamizzare un qualcosa che in effetti non si può vedere. Un abito, delle scarpe, qualsiasi altro accessorio salta all’occhio nel’immediato, basta inserirlo nello spot o nella foto (a seconda che si tratti di pubblicità destinata alla televisione o a mezzo stampa) ed il problema è risolto. C’è creatività anche lì ovviamente, sappiamo che le campagne pubblicitarie sono pensate in tutti i particolari perché devono innanzitutto suscitare curiosità e poi invogliare all’acquisto. Il segreto di un successo è rimesso innanzitutto all’incisività di una campagna pubblicitaria. Per quanto riguarda i profumi, invece, diventa più complicato per un creativo evocare certi desideri. Come si fa a spingere un consumatore a recarsi in profumeria e chiedere proprio quella specifica fragranza se attraverso la pubblicità non si trasmettono gli odori? Come si fa a rappresentare qualcosa che in effetti non si vede, se non solo nell’ultima immagine (solitamente) inserito nel suo packaging? Ecco, allora, spot e immagini provocatorie, testimonial sensuali, situazioni particolari, e spesso la partecipazione di registi importanti, per realizzare quei 30 secondi di spot. Ebbene, ricordo che avevo circa sette anni ed ogni volta che guardavo la pubblicità di Dolce&Gabbana Classics pour femme, con Monica Bellucci (regia di Giuseppe Tornatore),  restavo incuriosita non poco. 




Ambientazione siciliana, immagini in bianco e nero: un ragazzo in riva alla spiaggia ha preso un polpo,dei bambini escono correndo dall’acqua, in posizione più elevata c’è la protagonista che sta per indossare il costume coperta da un lenzuolo rettole da due donne. Il ragazzo guarda la scena incuriosito. Il primo senso evocato è la vista. La curiosità di vedere oltre quel lenzuolo. Il ragazzo stringe tra le mani il cefalopode, l’immagine è come se volesse evocare un senso di desiderio e di possesso allo stesso tempo, stavolta è il tatto. Terminata la scena della “vestizione” c’è un incontro labile di sguardi tra i due. Il terzo senso evocato è il gusto: il ragazzo, mangia la polpa del polpo (sembra un gioco di parole!), la Bellucci si avvia verso la spiaggia dal lato opposto del ragazzo e lascia cadere su una pietra il reggiseno che indossava. Il seguito dello spot presenta il ragazzo sotto casa di lei con l’oggetto da lei (forse volutamente?) lasciato sulla spiaggia. Ultimo senso evocato: l’odore.  Finalmente  si ha l’ultima sequenza dove si mostra il vero protagonista dello spot: il profumo nel suo flacone e c’è una voce da fuori campo che lo presenta: “Dolce&Gabbana parfum”. Così come il “lui” della pubblicità guardava con desiderio la lei-Monica, l’intento dello spot era (a mio parere!) quello di suscitare nello spettatore lo stesso desiderio nei confronti del prodotto. La comunicazione è ben riuscita. Che la pubblicità sia stata analizzata nelle sue parti, o che sia stata vista in modo più superficiale, ha comunque spinto lo spettatore prima alla curiosità (l’impegno di capire la storia e di attendere per vedere l’oggetto che la reclame sta pubblicizzando) e poi alla voglia di acquistare quel prodotto. Si poteva mai riuscire a far di meglio? Un altro spot che mi ha colpita, se non sbaglio nel 2009, è quello di Dior Intense pour homme con un bellissimo Jude Law come testimonial. Su questo spot c’è poco da dire, ciò che mi ha colpito sono stati due elementi: i fotogrammi rapidi con cui venivano presentate le immagini di Jude alternati a sequenze prese dalla strada (dal punto di vista di qualcuno che si trova in auto e percorre ad alta velocità le strade e le gallerie) ed il jingle scelto per quei 30 secondi (Shadowplay dei Joy Division, versione replicata dai Killers e contenuta nell’album del 2007 “Sawdust”).


Nel 2010 segue un altro spot sempre con protagonista Jude, stavolta un uomo ed una donna si danno un appuntamento per telefono e si incontrano sotto la Tour Eiffel. Qui lo spot si presenta quasi come un breve film e le voci sono originali. Jude telefona alla donna esordendo con voce profonda: “You know who I am, I know who you are. You know where I’ve been. I know where you’ve been.” Il discorso continua mentre Jude si veste per recarsi all’appuntamento. Il profumo è sulla mensola sotto lo specchio in bagno, ma non si vede quando lo indossa. Poi si sente la voce di lei che gli risponde. Le sequenze sono mischiate, lei si prepara e indossa il profumo ed un soprabito, lui corre in auto per raggiungere il luogo dell’appuntamento. Quando Jude arriva lei è già lì di spalle rivolta verso la Tour e la voce da fuori campo femminile domanda: “How I will recognize you?” . La voce di Jude replica: “Oh don’t you worry about that. You’ll know when I’m there.”. Su quello sfondo appare la scritta in grande Dior Homme e partono i titoli di coda. Una pubblicità del genere va spiegata? Cosa c’è da spiegare? C’è un dialogo (la scelta di non averlo tradotto in italiano secondo me è una mossa vincente, sebbene magari non tutti si siano prestati ad ascoltarlo con attenzione), ci sono immagini chiare ed evocative. C’è una storia. Qual è l’elemento di riconoscimento? Ecco che qui si evoca il profumo, sarà la fragranza Dior a farli riconoscere e a farli incontrare. Il jingle scelto per questo spot è “Symphony part 1” dei Muse.



Nel 2012 lo spot della Dior (homme sport) vede sempre Jude Law alla guida della sua auto decapottabile lungo i tornanti che costeggiano il mare. Alla fine del suo percorso arriva in albergo, dove ad attenderlo c’è una donna pronta a fare un giro in barca. In una sequenza si vede il profumo che è in auto con lui. Il jingle stavolta è “Paint it Black” dei Rolling Stones. 




Seguendo la linea di profumi per uomo (trovo gli spot molto più accattivanti!) un altro spot che trovo molto bello è quello che vede come testimonial Vincent Cassel: “La nuit de l’homme parfum” di YSL . Un intrigo di sguardi e seduzione, e soprattutto un profumo che conserva la sua fragranza per tutta la notte. E’ il profumo che seduce le tre donne e che fa da “stella cometa” per raggiungerlo. Ultima sequenza: voce da fuori campo e comparsa del flacone di profumo. 






Per concludere, l’ultima pubblicità che mi ha colpita è quella di Bulgari (Bulgari Man Extreme) che vede come testimonial l’attore australiano Eric Bana. La colonna sonora, "Duels", ricorda le grandi sfide da film western, lo spot di grande atmosfera mostra gli incontri del carismatico testimonial con un serpente (la seduzione), un leone (il coraggio), e un'aquila (l'acume). Ultima sequenza: l'immagine del prodotto.




Analizzare una pubblicità sul profumo non credo sia difficile, forse (come dicevo sopra...) è più complicato realizzarla. Per realizzarla ci vuole un bel pò di immaginazione e creatività, bisogna partire dalla ricostruzione dell'immateriale. Avvicinare a quel prodotto (che non si può sentire, nè vedere se non nel suo packaging) valori ed idee sotto forma di sensazioni. Lo spot non vuole "vendere" funzioni, ma modi di essere. La pubblicità dei profumi si allontana da dimostrazioni di usi pratici, e sempre più si avvicinerà ad un polisensoriale suggerimento di atmosfere, umori e situazioni. Questo stabilisce paradossalmente la priorità della pubblicità rispetto al prodotto stesso: sarà la rappresentazione del profumo a farne la differenza, piuttosto che la fragranza in sè. Si vendono emozioni (unique selling emotion), se in passato si promuoveva e si ricordava un aspetto materiale, adesso si promuove e si ricorda l'emozione provata. La necessità funzionale, infatti, non è la sola motivazione che spinge un consumatore verso una preferenza piuttosto che un'altra, più spesso i significati mediati dalla pubblicità non sono immediatamente disponibili nella definizione stessa del bene materiale ed occorre, perciò, ancorarsi ad un immaginario sociale già consolidato o, meglio ancora, crearne di nuovi ad hoc. La pubblicità produce una raffigurazione ridotta e semplificata della realtà sociale in cui si creano esemplificazioni dei vari ruoli sociali, irreali ma fortemente comprensibili. Bene, adesso dopo questo rapido excursus, siete ancora dell'idea che le pubblicità dei profumi non abbiano un senso? La sensorialità è la chiave di lettura degli spot, e contrariamente al passato il profumo non si collega più solo all'olfatto, ma mobilita globalmente tutti i sensi, collegandosi all'immaginario collettivo ed offrendo sensazioni, modi d'essere.
Per chi fosse interessato al testo completo dello spot Dior con Jude Law, ecco il dialogo:

You know who I am. (Tu sai chi sono io.) 
I know who you are. (Io so chi sei tu.) 
You know where I've been. (Sai dove sono stato.) 
I know where you've been. (So dove sei stata.)
That's all I'm gonna tell ya. (E' tutto quello che ho intenzione di dirti.)
You know what I can do. (Sai cosa posso fare.)
And I know what you can do. (E io so quello che tu puoi fare.)
I don't think so. (Non credo proprio.)
You're gonna regret saying that. (Ti pentirai di averlo detto.)
Scared? (Paura?)
Is that right? (Vero?)
Of course you are. (Certo che ne hai.)
What, two of ya? (Cosa? In due?)
We'll see. (Vedremo.)
Whoo. (Uhh.)
When I find you, and I will find you, you’re gonna wish you’d never been caught. (Quando ti troverò, e ti troverò, vorrai non essere mai stata presa.)
You think you know me. (Pensi di conoscermi.)
 But do you? (Ma è così?)
No. (No.)
 I don't know where you've been. (Non so dove sei stato.)
You talk a good game. (Sei bravo con le parole.)- nel senso a convincere la gente
 Is that right? (Vero?)
You should be scared. (Dovresti avere paura.)
Scared? (Paura?)
I'm so scared. (Ho tanta paura.)
 I'm shaking in my boots. (Sto tremando come una foglia.)
Are ya? (Davvero?)
Yeah, I'm so scared. (Sì, ho tanta paura.)
I'm terrified. (Sono terrorizzata.)
 Of course you are. (Certo che lo sei.)
There might be two of us. (Potremmo essere in due.)
What, two of ya? (Cosa? In due?)
Me and naughty me. (Me stessa e la me cattiva.)
Whoo. (Uhh.)
Do you think you're ready for me? (Pensi di essere pronto per me?)
Ha, well I'm shaking in my boots. (Oh, beh sto tremando come una foglia.)
You gotta do better than last time. (Devi fare di meglio rispetto all'ultima volta.)
You're gonna regret saying that. (Ti pentirai di averlo detto.)
You gotta find me first. (Devi trovarmi prima.)
I'm so close I can smell ya. (Sono così vicino che sento il tuo odore.)
How will I recognize you? (Come ti riconoscerò?)
How will I recognize you? (Come ti riconoscerò?)
Oh don't you worry about that. (Oh, non ti preoccupare di quello.)
You'll know when I'm there. (Quando sarò lì te ne accorgerai.)

Fotogramma pubblicità Dior.


(A.)

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