sabato 30 marzo 2013


La crisi di identità di Venere e di Marte.



Avrete sentito la notizia che circola da ieri: le statue di Venere e Marte, risalenti al 175 d.C., sono state liberate dalle aggiunte posticce volute dall’ex (aggiungiamo già un altro “ex”?) premier. Sorvolando su eventuali posizioni politiche, dopo aver letto la notizia del restauro delle due statue i miei pensieri si sono persi in assurdi quesiti filosofici, a causa certamente della mia “deformazione professionale” e dei miei studi. La prima reazione è stata di indignazione perché pretendo che chi dirige certi ministeri e soprintendenze conosca a menadito la materia e i famosi “attuali orientamenti” in ambito restaurativo e che si rifiuti categoricamente di assecondare i capricci di un miliardario o di un capo di stato.
Secoli e secoli di dibattito sulla giusta strada per il restauro non si possono riassumere in poche righe; basti sapere che secoli di scelte arbitrarie dettate dal mero gusto estetico hanno portato alla perdita di gran parte del patrimonio. Così nel 1932 ad Atene e poi ancora nel 1964 a Venezia gli allora massimi esperti della materia si sono riuniti ed hanno concordato delle linee che guidassero le future scelte. Un paio di queste si basano sul principio che la storia dell’opera d’arte va rispettata e in alcun modo va falsificata. Per intenderci, nel caso specifico quelle aggiunte erano un assoluto falso storico: chi ci dice quale fosse la posizione delle mani mancanti o cosa reggessero o quanto il Marco Aurelio vestito da Marte fosse dotato? La statua aveva perso la sua originalità, diventando una nuova opera scultorea. Quelle aggiunte erano solo una personale interpretazione su come poteva apparire. Dov’era finita la sua vera identità?
Ed ecco che nasce il quesito filosofico: l’identità nasce con noi o si forma con il tempo? Nasciamo in un certo modo o è la storia a farci ciò che siamo? Se le parti originali fossero state ritrovate separate dal resto, sarebbe stato giusto riattaccarle? Il tempo non aveva deciso diversamente? Fino a che punto è giusto cancellare o tenere i segni del tempo che rendono o collaborano a rendere tutto ciò che è? 
La statua di Venere e Marte: a sx la versione originale, a dx quella "restaurata" ed integrata.

Intanto oggi è giunta un’altra brutta notizia per il mondo dell’arte. Una turista a Firenze ha deciso, invidiosa del tempo, di lasciare anche lei un segno su una scultura: il Ratto di Polissena. Ha, infatti, staccato l’indice alla mano di una delle statue, dito che era stato già staccato nel poco lontano ottobre 2012. Possibile sia così difficile amare la cultura?

Concludo continuando la tradizione del proverbio del post, che oggi è : “Di Venere e di Marte non si sposa e non si parte e non si dà principio all’arte.” 



(M)

mercoledì 27 marzo 2013


Barbie bionda? Ne siamo proprio certi?



La prima Barbie del 1959 fu realizzata in versione bionda e in versione bruna. Ci credete che questa cosa l’ho scoperta soltanto oggi? L’immagine della Barbie, quella classica, è sempre stata bionda. Ma perché? Perché se nacque già in due versioni? Ricordo quando ero piccola la mia Barbie preferita era quella con i capelli neri neri, un’amica di barbie (Marina). Barbie, quella originale, era bionda. Bene, oggi posso sfatare questo mito. La prima Barbie fu prodotta anche in versione bruna. E secondo me era molto più bella. Barbie debuttò ufficialmente in occasione della fiera del giocattolo di New York. Aveva un viso orientaleggiante, i capelli raccolti in un’acconciatura detta "Ponytail" (da cui prenderà il nome questa prima serie di Barbie), un corpo longilineo, caratterizzato da grossi seni e gambe lunghissime. La bambola indossava un body a righe bianche e nere , sandali con il tacco alto e due vistosi orecchini dorati che purtroppo con il passare del tempo si ossidavano e tingevano di verde le orecchie di Barbie. Una caratteristica di questo primo modello era la presenza di due fori, sulla pianta dei piedi, che permettevano di fissarla al piedistallo di metallo con cui veniva venduta. Oggi, i piedini forati aiutano i collezionisti a distinguerla dalla Barbie numero 2, prodotta nel 1960. La bambola si preannunciò da subito come un fenomeno commerciale senza precedenti: durante il 1959 furono vendute più di 350 mila Barbie al prezzo di 3 dollari ciascuna. Nel 1963 nacquero i primi accessori di moda con il modello "Regina della moda". Abiti, scarpine, parrucche, cappelli in miniatura invasero il mercato creando uno spazio del tutto nuovo nel mondo del giocattolo. Nel 1965 la Mattel iniziò a produrre per Barbie una serie di accessori "di lusso"come copie di abiti famosi, auto sportive e ville in campagna ed in città. Contemporaneamente una massiccia campagna pubblicitaria portò Barbie su un'infinità di gadget commerciali per l'infanzia quali magliette, scarpe, articoli per la scuola e accessori vari. Le Barbie si dividono in due categorie: quelle contenute nelle "Pink Box" destinate al gioco, e quelle create per essere collezionate (a tiratura limitata). Barbie non solo ha indossato abiti che hanno caratterizzato piu' di quattro decenni di storia della moda ma è andata oltre: alcuni tra i più importanti stilisti hanno creato splendidi capi di alta moda appositamente per lei. mosi si cimentano ogni anno nella creazione di capi destinati alla bambola più popolare di tutti i tempi : dall'estroso Bob Mackie, all'originale Moschino e ai raffinati Givenchy, Yves Saint Laurent, Christian Dior, Versace, Donna Karan ad Armani . Insomma Barbie è un’icona della moda, una compagna di giochi e soprattutto una donna dal grande fascino. Nonostante i tentativi di emulazione e gli inserimenti sul mercato di altre bambole, può considerarsi  l’unica compagna di giochi che ha accompagnato generazioni e generazioni di bambine e che continuerà ad incantare nuove generazioni. Effettivamente quando si ci trova di fronte ad una Barbie è difficile non tornare bambine. Sapete? Quasi quasi me ne regalo una.
Barbie del 1959 versione bionda.





Barbie del 1959 versione bruna.






Barbie catalogo 2012, Elizabeth Taylor.







Barbie "The Rose" da collezione, (una delle mie splendide Barbie).
Il video scelto questa volta è "Celebrity Skin" delle Hole, il gruppo che vedeva come leader indiscussa Courtney Love, moglie del defunto leader dei Nirvana (Kurt Cobain). (A.)
   

lunedì 25 marzo 2013


Outlet, mon amour!

 
Lo so, su un fashion blog che si rispetti questo post non dovrebbe mai apparire. Ora dovrei essere qui a scrivere delle tendenze per le prossime stagioni, dei colori che si “porteranno” di più nell’autunno-inverno 2050, della sfilata di Tizio o Caio della settimana scorsa e così via dicendo. Ma, per fortuna, io NON sono una fashion blogger.

Io sono una “freelance” di questo blog, quindi posso dire quello che sto per dire (o scrivere, fate voi): la moda, secondo me, è per le pecore. Comprare qualcosa oggi e non indossarlo più l’anno prossimo, solo perché è della stagione passata, non ha senso. Ho conosciuto ragazze che cambiavano armadio ogni anno;  che non compravano qualcosa, durante i “cambi di stagione”, perché “è di quest’anno quindi l’anno prossimo sarà fuori moda” (testuali parole); ragazze che difendevano a spada tratta le zampe d’elefante più esagerate e che girano ora con gli skinny più sfrontati. Ma come si può essere tanto prive di carattere da non avere dei gusti propri, stabili, non dico tutta la vita (tutti cambiamo idee, abitudini, gusti), ma almeno da un anno all’altro? Di ogni collezione ci saranno cose che ci piacciono e cose che non ci piacciono, ma si presuppone che ciò che ci piace quest’anno ci piacerà anche il prossimo. Che importa quando è apparso su una passerella?

E così arriviamo al titolo di questo post: viva gli outlet! Io, che mi reputo una non-pecora (semmai sono uno struzzo), adoro questi luoghi dove si possono comprare prodotti di qualità (leggi “non completamente sintetici” o “non di plastica”, come dico io) a prezzi più ragionevoli. Ciò che viene snobbato dalle fashion victims defluisce qui… e qui io l’aspetto!

E poi ci sono cose che non cambiano e non passano mai di moda; degli evergreen, come il tubino nero, il blazer o il jeans dalle gambe “medie”. Diciamo la verità, quanto mai possono cambiare i jeans da una collezione all’altra? D'altronde, se Levis produce il famoso modello 501 inalterato da più di un secolo e mezzo un motivo ci sarà…

Ora vi starete chiedendo cosa ci faccia una come me qui. È quello che mi sono chiesta anch’io quando A. mi ha proposto questa “collaborazione” (forse esagero con le “virgolette”)(e con le parentesi). Ma lei dice che vuole un blog in cui si parli un po’ di tutto…

Cosa fate ancora così? Non avete sentito che quest’anno il vello si porta a righe?

S.

domenica 24 marzo 2013


Fluo & fluo

 La primavera è entrata prepotentemente nel 2013…gli “evidenziatori” hanno fatto il loro brusco e vistoso ingresso sulle passerelle, e temo, a breve, anche per le strade…
Ok, premetto e confesso di avere sempre nutrito un odio-amore catulliano per gli evidenziatori. Quando son nuovi evidenziano troppo, troppo accesi, troppo marcati: le parole sottolineate diventano eccessivamente sfavillanti. Quando ormai son vecchi e stra-usati sembrano quasi colori pastello con venature più accese: ti sforzi di passarli e ripassarli sula riga da sottolineare ma il risultato è alquanto scadente.
Ma se questi colori “fluo” li dovessimo indossare?
Beh, il fluo lo collego al giubbetto catarifrangente da tenere in bella vista in auto e da sfoggiare quando si resta in panne per strada. Ma la moda primaverile di questo 2013 invece a cosa lo associa?
Guardando vetrine e proposte, ahimè, il fluo dilaga ovunque.
In una società in cui sono tutti omologati nasce il “bisogno” di differenziarsi…
O meglio, di sottolinearsi!
Ma cosi facendo il risultato quale sarà? Vedremo un esercito di “evidenziatori viventi” invadere le nostre strade. Tutti omologati insomma, ed eccessivamente troppo accesi.
Ok, s’è capito: non sono un’amante “fluo”, o meglio, il colore “acceso” non lo disdegno, ma bisogna indossarlo con moderazione. Se non sbaglio sono apparsi timidamente sulla scena gli smalti (ma fanno luce anche al buio??), per poi passare ad abitini tutti uguali, canotte, pantaloni, borsette, scarpe…fino ad arrivare persino nei negozi di intimo. Ebbene si, completini di intimo color giallo canarino sfavillante, verde, fucsia, arancio. Ciò che però mi rende alquanto shoccata sono i leggins. Sappiamo che non tutti possono permettersi di indossare dei leggins, troppi salsicciotti in giro si vedono, anche se rivestiti in nero (il nero sui leggins NON SFINA!). Cosa accadrà adesso con i leggins fluo??? Come verranno indossati, e soprattutto chi oserà portali? Temo in parecchi, compresi i salsicciotti che non hanno affatto bisogno di essere evidenziati. Ahimè!
  


Ragazzi non so voi, ma questo fluo posso provare a farmelo piacere solo guardando un video sfavillante dei Pulp, gruppo musicale britannico fondato nel 1978 attivo soprattutto tra gli anni '80 e '90. La loro è una musica mista di rock e pop con elementi della disco music. Adoro i loro video per l'allegria e il colore che regnano sovrani. Analizzando il testo della canzone che vi propongo, "Common People", c'è un verso che potrebbe fare al caso nostro:
"I want to live like common people
I want to do whatever common people do
I want to sleep with common people
I want to sleep with common people like you."
Well what else could I do?
I said "I'll see what I can do."
(A.)

 (A.)

sabato 23 marzo 2013


Leggere le righe



Forte tendenza dell’attuale PE sono senza dubbio le righe: verticali, orizzontali, oblique, larghe, strette, bianche, nere, colorate… belle, bellissime.
Ma quali sono le righe giuste? Certo, ciascuno ha il proprio gusto. Mia nonna ripeteva sempre “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”, eppure non posso far a meno di esprimere il mio inutile e non richiesto pensiero.
Siamo sinceri ed alzi la mano chi davanti ad una camicia a rigoni bianchi e neri non ha mai pensato “ma è un pigiama?” o “sembra evaso da qualche prigione”! No, va bene vestire a righe, va bene il gusto, ma con coscienza, please!

Righe verticali: personalmente credo che le righe verticali siano più che valide, a patto che abbiano una proporzione accettabile, specie poi rapportandola alla nostra figura (la quale ci porta alle righe seguenti).

Righe orizzontali: si sa, le righe orizzontali allargano! Benché le adori, specie in bianco e blu nel classico “stile marinaro”, sono sempre combattuta tra l’idea di acquistarle e l’effetto che mi farebbero addosso. Se avete un gran fisico o tanto coraggio, indossatele anche per me!

Righe oblique: non sono né verticali né orizzontali (ma dai?!), né carne né pesce, quindi, per me, perfette!

Nei negozi e sulle passerelle se ne sono viste di ogni tipo, persino mescolate tra loro, con risultati a volte perfetti, altri non sempre esteticamente validi.




E se proprio le righe non vi convincono, nonostante le abbiano indossate anime più o meno rock come Kurt Cobain e la giovane ribelle Lindsay Lohan, potete sempre pensare a degli “escamotage”, come propone Kenzo con questa gonna plissé bianca e nera. 



Video del post è "Hardest Button to Button" dei White Stripes.



 (M)



She's in fashion

I "Suede" , band alternative rock degli anni '90 di madrepatria inglese, cantavano di una modella che poteva assumere qualsiasi forma e che poteva focalizzarsi in ogni dove. Non a caso il video della canzone mostra il cantante, Brett Anderson, guidare un' auto mentre focalizza la sua attenzione su di una donna che appare in situazioni diverse e con abiti diversi. Il titolo della loro canzone era, non a caso, "She's in fashion". Cosa avranno voluto dire i Suede? Proporre una critica all'immagine femminile "sfruttata e commercializzata" sulle riviste, riprodotta per vendere prodotti e soprattutto "moda"? Oppure più semplicemente si chiedevano "cosa  significa essere alla moda? Come si definisce un qualcosa alla moda?" . Le interpretazioni al testo possono essere innumerevoli, resta uno dei singoli più ascoltati alla radio dei Suede e forse anche uno dei più conosciuti. Tornando ai giorni nostri, sempre per chi è attento amante rock, ci si può ricordare del "sipario" televisivo su "Virgin-Television" presentato da Paola Maugeri,che accostava moda e rock, sottolineando le innumerevoli vicinanze che esistono tra questi due mondi. Si possono definire due mondi che si influenzano a vicenda. Il titolo del programma prendeva spunto anch'esso dalla canzone dei Suede. Questo blog si chiama "She's in fashion" perchè non vuole trarre spunto dagli innumerevoli blog che ormai impazzano sulla rete e che propongono outfit a go-go,non vuole somigliare affatto a quei modelli. L'intento è quello di analizzare ed elaborare il testo dei Suede, e di analizzare anche quelle che sono le commistioni tra un genere musicale come il rock e la moda che si consuma in passerella. In particolare, questo blog tenderà a differenziarsi dagli altri (almeno si spera!) seguendo come filo conduttore la musica. Io, A., patita per il genere rock in quasi tutte le sue sfumature, (passando dal punk, all'hard rock al genere indie e al gotico) cercherò quasi sempre di accostare le mie ispirazioni a questo mondo, mentre le mie due compagne di avventura (M. ed S.) che si sono definite più "puriste e vintage" seguiranno uno stile più personalizzato e tendente al classico. (A.)

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